Lo Specchio

5. No Way Out


Da fuori sembrano tutti uguali, tutti più o meno immacolati.
Solo quando hai il coraggio o la necessità di farci un giro, ti rendi conto che una volta dentro, ognuno scricchiola a suo modo. I sedili non sono così comodi come li immaginavi, la ruggine li mangia da dentro, meccanismi studiati perfettamente che al momento del bisogno non funzionano mai. Mai come dovrebbero o come avresti voluto.
In fondo non mi importa più di tanto. Guardo fuori dal finestrino e penso che sia solo un mezzo come un altro per arrivare dove voglio e mi perdo nel verde delle palme, nelle morbide curve delle risaie che corrono lentamente alla mia sinistra. Di tanto in tanto, da sotto un cappello stinto dal sole, incrocio qualche sguardo che prova a sorridere nonostante la fatica e a dirmi che ci si può accettare anche appartenendo a storie diverse, ad esistenze che non si toccano quasi mai.
Mi ricordano che in fondo siamo solo umani, anche se io ho in mano una Reflex e i soldi per regalarmi un’avventura, mentre loro hanno solo una manciata di piante da seminare e i piedi a mollo da qualche generazione.

Dormono quasi tutti sul furgone, o per meglio dire, su questo taxi collettivo.
Siamo rimasti svegli solo io e l’autista. Anzi, forse solo io.
Penso a quanto sia fantastico essere qui, dall’altra parte del mio mondo, estasiato davanti a posti mai visti, a vite mai incrociate prima. Solo qualche ora dopo, come di ritorno da un viaggio mentale profondo e solitario, ci rido sopra nel realizzare che in fondo è solo il mondo ordinario, lento e ciclico di qualcun altro.
Sarebbe sufficiente anche solo il minimo inciampo e saremmo persi in un angolo sperduto chissà dove. Niente telefono, niente abitazioni, nessun modo per farsi trovare e persone troppo lontane a cui chiedere aiuto.
Ecco, saremmo di certo in un bel casino.
Era proprio necessario arrivare fin qui? Perchè ci sono voluto venire?
Sempre alla ricerca di una giustificazione che possa appagare la mia ragione. La ragione che soffoca l’istinto, come la fiamma che brucia troppo in fretta il cerino. E così rimango scottato un’altra volta, incapace di godermi l’attimo.
Non voglio scappare da niente, dice il ragazzo dagli occhi sottili seduto in ultima fila, svegliato dall’ennesimo dosso non segnalato sulla strada. Io non sono qui in mezzo alla fine del mondo per scappare, non riuscirei mai a scappare da me stesso, neppure qui. Sono qui per cercare nuovi pezzi di me. Da questo non vorrò scappare mai.

Penso a quanto io sia fortunato.
Credo lo siano tutti quelli che possono permettersi il lusso della scelta.


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